Del mondo segreto dei giardini sul retro

La distribuzione dello spazio all'olandese è parecchio diversa da quella a cui sono abituata. 
Le case strette ed alte, sviluppate in verticale più che in orizzontale e fornite di scale talmente ripide che io devo scenderle di sghimbescio perché il piede – che pure è un modesto 38/39 – non entra tutto sul gradino; le stanze mediamente più piccole delle nostre, i corridoi stretti su cui si affacciano porte chiuse; quest'odiosissima moda dei bagni separati, la toilette in un cubicolo grande come un armadio e la doccia in un'altra stanza (a casa mia anche su un altro piano, per dire): sono tutte novità rispetto al mondo che ho conosciuto finora. 

E poi ci sono i giardini sul retro.
Giardini, o meglio: piccoli appezzamenti di terra di cui uno può fare quello che vuole, giardino, orto, rimessa per gli attrezzi, luogo in cui stendere i panni sperando che si asciughino nonostante l'umidità perenne.
Separati gli uni dagli altri da alte staccionate che impediscono di vedere cosa fa il vicino (a meno che tu non sia un gatto), ed isolati dalla strada dalle case stesse che li rendono inaccessibili, questi giardini contrastano in modo stridente con la moda olandese di avere finestre enormi e non tirarne le tende, così che chi passa per strada può gettare l'occhio su scene di disarmante intimità familiare: la madre che cucina, la famiglia intera a tavola, i bambini che giocano o suonano il piano o guardano la tv. Tutte scene che ho visto personalmente: addirittura, i primissimi giorni qui mi incantai a vedere il servizio fotografico in stile Anne Geddes che una coppia di neogenitori realizzava per il pupo, al piano terra ed in bella vista di chiunque andasse a fare la spesa (sto pensando che il Grande Fratello è nato qui, e la cosa forse non mi sorprende: l'idea di vedere tutto della vita domestica non doveva sembrare così fuori dal mondo...).

Quindi: i salotti sì, ma i giardini no. I giardini rimangono appannaggio di pochi eletti: tipo me, che abito ai piani superiori in una casa dotata di "terrazza" (sebbene il freddo me ne tenga solitamente lontana) e che quindi posso gettare l'occhio su statue del Buddha a grandezza naturale, griglie per il barbecue in attesa di tempi migliori, terre smosse (faranno l'orto nei prossimi mesi?), tavolinetti, sedie, nani da giardino ed orologi fermi ad indicare mezzogiorno e un quarto. 

Piccoli frammenti di quotidianità: quello che io amo più di qualsiasi altra cosa, più dei tramonti, delle spiagge spazzate dal vento, dei musei e dei monumenti, perché il tessuto connettivo di qualsiasi insediamento umano sono gli scampoli di casa.  

Non è un caso se, nel grigiore di questa mattina rilassata, rientrando in cucina ho guardato con maggiore affetto i taglieri scheggiati impilati contro il muro, e il fornello, e le altre suppellettili: anch'esse parte del mondo segreto, dello spazio intimo e riservato che si apre sui giardini sul retro. 



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