Delle lettere non recapitate

Antefatto: Più o meno una settimana fa (venerdì 26, per gli amanti della precisione), mentre mi distraevo navigando su internet, mi sono imbattuta in questo editoriale, che – diciamolo con un eufemismo – mi ha leggermente alterata. Leggermente. Comunque: ero al lavoro, poi sono andata al cinema, poi sono tornata a casa e gli ho scritto una risposta. Che ho inviato al modulo per conttattare la redazione che si trova sul sito della Gazzetta, perché a differenza di altri quotidiani la Rosea non mette un contatto email dei redattori (Repubblica, per dire, lo fa: una volta scrissi a Custodero per fargli presente che la foto che accompagnava un suo articolo sull'ISIS ritraeva militanti di Hamas, e nel giro di 10 minuti lui mi rispose ringraziando e fece cambiare la foto. Chiusa parentesi.) 
Oggi controllando lo spam – cosa che faccio una volta al mese, mannaggia a me – mi sono accorta che il mio messaggio alla Gazzetta non era stato recapitato. Siccome è passato tempo, non credo abbia senso rinviarlo: me lo tengo da parte, così se Monti si lancia in altri arditi riferimenti al Tribunale di Norimberga ho già una base da cui partire. L'ho condiviso già su Biancocelesti.org, e per chi volesse, lo trova anche qui. A futura memoria.

"Direttore Monti, 
mi permetto di risponderle con questo mezzo in quanto il mio intervento certamente eccederebbe il limite di caratteri consentito ai commenti. 

Vado subito al dunque: ho trovato il suo editoriale sconcertate. E lo dico non come - sveliamolo subito - tifosa laziale, cosa che pure sono, ma soprattutto come laureata in giurisprudenza e dottoranda in diritto internazionale, e anche come cittadina che non ama i proclami a vuoto né la retorica, soprattutto quando (mi perdoni, ma l'impressione è questa, ed è forte) si tratta di una retorica diretta a sollecitare la pancia e non la riflessione.

Lei critica la sentenza con cui il Tribunale Figc ha condannato la Lazio ad una ammenda (posso permettermi un'osservazione? "Multa pecuniaria" è pleonastico. La multa, o ammenda - il dispositivo della sentenza fa riferimento a quest'ultima - è essenzialmente di natura pecuniaria) pari ad € 50.000,00 a seguito dell'introduzione di adesivi oltraggiosi nel corso della partita Lazio - Cagliari. Ora, il diritto di critica libera è un fondamento dello stato liberale e nessuno vuole toglierglielo: ma rimango oltremodo perplessa dai toni da lei usati, dal momento che definisce - velatamente o meno, direttamente o no - il collegio giudicante privo di intelligenza, di saggezza e di creatività (che detto tra noi è dote che si addice agli artisti, magari, ma ai magistrati proprio no). Sarebbe interessante, a fronte di un così duro attacco, sapere esattamente cosa, dal punto di vista giuridico, lei trova incongruente nel ragionamento seguito dal tribunale; purtroppo l'unico riferimento concreto al contenuto della pronuncia è il suo accenno (velato di sufficienza, o è una mia impressione?) all' "esercitarsi dottamente sul tema della responsabilità oggettiva": sarà deformazione professionale, ma non riesco a capire che altro avrebbe dovuto fare il giudice sportivo, dal momento che la responsabilità della Lazio poggia proprio sugli istituti della responsabilità oggettiva e aggravata. 

Ma forse il punto è proprio questo: che io mi ostino a discutere di diritto di fronte ad un editoriale in cui si parla di "mano leggera con i razzisti" senza comprendere che oggetto del giudizio non erano gli individui che hanno materialmente attaccato gli adesivi, ma la Società Sportiva Lazio, chiamata a rispondere del comportamento di questi ultimi - fortunatamente individuati dalle autorità competenti - in ragione delle norme sulla responsabilità oggettiva ed aggravata. Un editoriale in cui si tira in ballo il Giorno della Memoria - che è domani, peraltro (sto scrivendo prima di mezzanotte) - come se un Tribunale dovesse basare le proprie decisioni sul calendario invece che sul codice. Un editoriale in cui si fa riferimento al Tribunale di Norimberga dimenticando un concetto molto semplice: che il Tribunale di Norimberga ha fatto la storia proprio perché giudicava individui, stabilendone la responsabilità per le azioni che essi avevano posto in essere, non riversandola oggettivamente ed indiscriminatamente su tutte le organizzazioni ad essi collegate. Mi permetto di citarle un passaggio: al momento di stabilire se il Gabinetto del Reich è un'organizzazione criminale, i giudici di Norimberga scrivono "[...] it is clear that those members of the Reich Cabinet who have been guilty of crimes should be brought to trial, and a number of them are now on trial before the Tribunal. [...] Any others who are, guilty should also be brought to trial; but nothing would be accomplished to expedite or facilitate their trials by declaring the Reich Cabinet to be a criminal organisation." Interessante, non trova?  

Sì, forse sarebbe stato un "segnale" se la Lazio fosse stata punita in "modo esemplare": nell'epoca dei social network, dei pareri buttati al vento e della superficialità un tanto al chilo, questi segnali sono molto di moda e molto graditi, soprattutto da chi bada all'apparenza più che alla sostanza. Dal momento che spero che lei non rientri in questa categoria, mi avrebbe certo fatto più piacere leggere una riflessione più approfondita, priva di richiami (per quanto non espliciti) a quel concetto aberrante che è la "pena esemplare". Priva di slanci retorici secondo i quali "grazie al Tribunale sportivo tanti giovani ignoranti, e non è solo colpa degli stadi, continueranno a pensare che i campi di sterminio appartengono all’archeologia, non alla storia e all’attualità": come se veramente fosse l'entità della sanzione comminata alla Lazio il metro su cui misurare la tenuta morale e la consapevolezza storica di un paese in cui un politico, candidato ad un'importante poltrona, parla di "difesa della razza". 

Certo mi piacerebbe molto se, nel 2018, "ebreo" e "omosessuale" (c'erano anche quelli, di adesivi, purtroppo) non venissero più usati come insulti. E mi piacerebbe che coloro che sono così beceri da usare questi termini come insulti comprendessero la gravità delle loro azioni, specialmente quando pur di schernire l'avversario utilizzano l'immagine di una ragazza morta a 16 anni in situazioni atroci. Mi piacerebbe, in parole povere, una società più sana. (E sottolineo: una società, non una curva: perché mi dica lei che soddisfazione le dà sapere che questi soggetti non entrano in uno stadio, se poi entrano nelle università, nelle cabine elettorali, nei circoli). Ma credo che gli anticorpi della società non si costruiscano con la retorica e con l'invito rivolto a dei giudici a "leggere i giornali", o con il suggerimento di usare immagini dai campi di sterminio come "forche caudine della memoria", come se tutti i tifosi laziali che vanno allo stadio, indistintamente, avessero bisogno di questo e come se quei corpi fossero merce da esibire per nobili scopi, senza tener conto che a quelle persone è stata tolto anche il diritto alla dignità nella morte.  

Buona serata, 
Camilla Allegrucci"

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